Le Cause della Deriva

Le Cause della Deriva

« Essere, o non essere, ecco la questione:
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine. Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci esitare. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.  
»

Amleto di William Shakespeare




Le cause della deriva sono da imputare quasi tutte ad un termine in particolare: la paura della morte. Questa paura nasce e si consolida definitivamente quando si smette di credere alla circolarità del tempo e quindi al ciclo della vita-morte e rinascita. È da questo punto in poi che le forze dell’inconscio prendono il sopravvento e iniziano a paralizzare l’individuo agendo sulla sua forza vitale.
Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine: e poi ci si dimentica della natura divina di tutte le cose. George Orwell osava dire in 1984: << chi domina il passato domina il presente, chi domina il presente domina il futuro >>. Nasce oggi più che mai in una società globale l’esigenza di una nuova sintesi sull’argomento morte, in un’ottica ecologica ed evolutiva… think globally, act locally. Le visioni della realtà: il rapporto tra maya e lyla… i vari modi di sognare. Il sogno come progetto di vita… è l’esatto terreno su cui sconfiggere il pensiero scientifico integralista!
La scienza moderna o post-moderna stà cercando di scrollarsi di dosso l’idea che il tutto sia riconducibile ad un’enorme formula matematica: la rappresentazione della realtà è sempre stata come una coperta corta, sia che la si comunichi attraverso la scienza che attraverso l’arte o altre forme espressive di comunicazione. L’unica soluzione sembra essere il poter lavorare per progetto, per singoli argomenti…



In un unico universo convivono diverse galassie con i loro sistemi e leggi propie. Come ad ogni singolo individuo corrisponde un proprio e unico bagaglio di esperienze che forma il suo universo di idee: compresa la propia idea della morte. Ma una società che persegue come obbiettivo la qualità della vita, non poù esimersi dal compito di sottolineare al soggetto alla ricerca di risposte certe che l’unica certezza è la presenza del Mistero, e che ogniuno di noi ha il Sacro Santo diritto di poter esplorare i propi misteri, dubbi con ogni strumento a lui disponibile: senza verità inconfutabili o certezze acquisite, perché ogni era ha le sue e ogni luogo pure. L’unico luogo ruconosciuto e tutelato dovrà essere il proprio corpo e l’unico tempo la propia mente!

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. In una società di relazioni come viene definita la società delle telecomunicazioni, il punto di incontro the cross, diventa un segno importante dei tempi: inconcepibilmente usurpato da una unica comunità religiosa. E questo genera confusione e frustrazione.

Ma, essendo la natura umana, piena di risorse, allora la comunità scientifica nella sua elaborazione del lutto per la perdita di un simbolo così importante, partorisce in epoche successive simboli sostitutivi (es. il +) fino ad arrivare all’elica del DNA.


Cioè un network di relazioni: e nasce cosi la società dell’empatia; dove la divisione del mondo in bene e male, al centro della cultura cattolica, perde di significato.

Sostituita dalla consapevolezza delle diverse caratteristiche delle risorse.



Com’è vero che il nostro maestro Dante Alighieri, nel concepire il suo personale Inferno, Purgatorio, Paradiso, e i vari gironi: porrà in essere il proprio “salto quantico”. Innanzitutto mettendo ordine nella propia vita. Creando la propia armonia cosmica, libero dalle costrizioni del tempo …altrui. Una volta si scrivevano sinfonie come oggi canzoni?




Forse la risposta stà nel fatto che una volta si scrivevano sinfonie, ieri Long Playing, e oggi Compact Disc? Che cosa voleva dire avere fretta mille anni fa? Se per arrivare da un luogo ad un altro distante 30 km, per  4 milioni di anni ci sono volute sempre circa 7 ore, mentre, da soli 50 anni ci vogliono solamente 20 minuti, quali saranno le conseguenze di ciò tra 4 milioni di anni?



Who have got the right jam
yeva la razon




Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Per molti anni il mondo scientifico ha pensato che la coscienza del bambino si attivasse solo qualche tempo dopo la nascita. Poi, piano piano, si è fatto risalire quel momento al tempo della nascita; poi, con il progredire della conoscenza e la tecnica, si è fatto risalire la presa di coscienza del nascituro al tot mese di gestazione… fino a quando, alcuni studiosi, oggi, fanno risalire questo momento addirittura all’attimo del concepimento. E così oggi la scienza, finalmente, la pensa come la religione: almeno quella Cattolica.
Nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma. Molte religioni sul nostro pianeta, compresa quella indù, e noi siamo una cultura di origine indo-europea, appunto affermano che l’anima sia eterna; e che tutti noi, oggetti compresi, siamo fatti della stessa sostanza: che è poi sostanza Divina.

Akasa: lo “Spazio”, l’etere universale che pervade l’intero universo; la possibilità di espressione esistenziale; il luminoso; il primo dei cinque elementi (bhuta), la sua caratteristica è sabda (suono).
Atman: il Sé, lo Spirito, la pura Coscienza. L’atman è l’Assoluto in noi, completamente fuori dal tempo- spazio-causa e, in quanto tale, è identico a Brahman, Assoluto in sé. Con la sua presenza l’atman da vita a tutto e tutto si riassorbe nell’atman.
Brahaman o Brahama: la Realtà assoluta, l’Assoluto in sé; “Quello” (Tat) che, totalmente trascendente e incondizionato, è sempre identico a se stesso. L’ Uno-senza-secondo. Brahaman è assolutamente distinto da ciò che penetra e pervade, mentre questo non è affatto distinto da lui: se lo si distingue, è solo in modo illusorio […].
Da: “Glossario Sanscrito” a cura di Gruppo Kevala, Edizione Asram Vidia

Quindi, se la nostra anima è eterna, come è che la coscienza dell’essere umano ha un punto di inizio? E quando interviene esattamente questo punto di inizio? Che cosa è allora la “presa di coscienza”? Può, questo punto di inizio, spostarsi indietro all’infinito? Cosa voleva dire G.Orwell con la sua frase: << chi domina il passato domina il presente, chi domina il presente domina il futuro >>?
Buttare il bambino con l’acqua santa. È universalmente riconosciuto di come la scienza e la tecnologia abbiano fatto passi da gigante in questi ultimi anni; ma tutto questo non giustifica una convinzione comune che è andata sviluppandosi di pari passo: che tutto ciò che avevano conquistato la religione, le altre civiltà all’infuori della nostra, le altra culture in genere, oggi non abbiano alcun valore e siano slegate dallo sviluppo della nostra cultura tecnologico-scientifica. Anzi, non solo è sbagliato pensare ciò, ma addirittura le culture altre rappresentano oggi più di ieri, le nostre radici. Basti pensare a come possano essere state scoperte, per esempio le onde radio, senza alla base avere la convinzione dentro Sé che esista un Atman, concepimento filosofico che risale a più di 10 mila anni fa da cui discende il concetto più recente di anima… Ma una cosa sembra certa, cioè che questo modo erroneo di pensare il passato possa appartenere solo al popolo e non anche alle elitte, per crearsi mille alibi e per non (re)agire e che, però, le elitte si approfittino di ciò! Tutto a vantaggio di una “stasi” ecologica! Nell’eterna lotta tra conservatori e progressisti si creano le fondamenta per i “salti quantici”. Dove i cattivi perdono sempre.





<< L’ideogramma gen significa “illusione” o “apparizione”. Un mago indiano che fa giochi di prestigio è definito genjutsushi ossia un maestro dell’illusionismo. Nel mondo tutto è solo uno spettacolo di burattini. Perciò usiamo l’ideogramma gen per indicare l’illusione del libero arbitrio >>.


Che la vita di ogniuno di noi sia un lungo sentiero da percorrere disegnato su una mappa prestabilita, il Tao, è una concezione che dura forse da milioni di anni e che nessun determinismo tecnologico riuscirà mai a cancellare del tutto: noi siamo sia artefici del nostro karma che “succubi” di esso. Contribuiamo, giorno per giorno, a ridisegnare quella mappa. Ma da quanto tempo ci stà avvenendo tutto ciò? Quante vite abbiamo vissuto prima di questa? E perché porci questa domanda?
Every day is a ritual. Come Penelope con il suo telaio anche noi di giorno costruiamo ciò che di note viene disfatto; ecco prchè da sempre si è sentita l’esigenza di interpretare e/o dominare il sogno, e si sono sviluppate nei secoli tante tecniche per riuscire a fare ciò: dalla psicanalisi alla visualizzazione, dall’ipnosi al treaning autogeno, dall’arte di sognare all’uscire di notte… Ma quello che lo stregone tolteco Don Juan ricordava sempre a Carlos Castaneda, nei romanzi di quest’ultimo, era di attuare la tecnica della “ricapitolazione” tutti i giorni: cioè ricostruire il proprio passato secondo quelle che erano state le nuove linee guida sviluppatesi durante il nuovo giorno …e così si imparava, giorno dopo giorno, a vivere la propia vita come se fosse un sogno... rendere “effimero” il giorno come la notte è stata una delle tecniche adottate per appropiarsi a pieno della propia vita (ma, nel libro “l’arte di sognare” lo stesso Don Juan prova a trasmettere all’autore le basi per la tecnica opposta: rendere reale il sogno; ammettendo però che lui, a differenza di altri stregoni del suo stesso lignaggio, non era mai stato in grado di attuarla completamente perché la giudicava troppo …pericolosa!?). La nostra intera vita di esseri appartenenti a questa galassia è dominata da cicli che persino il nostro orologio da polso con la sua forma circolare ci vuol rappresentare: ma noi insistiamo a contare gli anni che passano, cosa vuol dire imparare a vivere ciclicamente? Quali vantaggi comporta? Detto in soldoni: semplicemente molte paure svaniscono e, piano piano, ci si convince: si rinasce …ogni giorno!



È tutto una Convenzione! Viviamo tutti come in una personale bolla di sapone dove tutto è “convenzionale” o “convinzione” o “conveniente” al nostro senso della vita… vorrei farvi un solo esempio significativo: noi tutti sappiamo che la circonferenza è rappresentata da un numero in-de-finito di punti che convezionalmente si calcola con la formula:

C= 2 π r

Dove π è una costante che viene chiamata anche Costante di Archimede il Pitagorico e che alla quale convenzionalmente viene attribuito il valore π= 3,14… ma, se andiamo ad analizzare una figura umana al “centro” di un cerchio (Definizione di Circonferenza: Nella geometria eucliea, una circonferenza è il luogo dei punti del piano equidistanti da un punto fisso, detto centro. La distanza di questi punti dal centro si definisce raggio.) ci accorgiamo che: i  2 raggi  potrebbero essere rappresentati dalle due braccia, mentre, se andiamo bene a vedere 3 sono le grandi articolazioni appunto visibili e, 14 le piccole articolazioni delle dita della mano… svelato un altro tabù?!

Autopoiesi e Cognizione: la realizzazione del vivente. Questo è un libro di biologia che spiega i sistemi viventi come sistemi che si auto-producono (autopoietici) e la cognizione come il processo che caratterizza questa auto-produzione. la caratteristica fondamentale dei sistemi viventi è una struttura organizzata al fine di mantenere e rigenerare nel tempo la propria unità e la propria autonomia rispetto alle variazioni dell'ambiente, tramite propri processi costituenti che contribuiscono alla ri-generazione e al mantenimento del sistema. Caratteristica fondamentale dei sistemi viventi è che i propi processi interni sono di tipo circolare: che cioè tendono a ripetere l’esperienza ad intervalli di tempo più o meno regolari ma sotto condizioni ambientali di volta in volta leggermente mutate. Questo permette all’organismo di sviluppare nel tempo capacità adattative e/o funzionali ai mutamenti del sistema e dell’ambiente di riferimento.
La Funzione Cognitiva.
L’osservatore:
1.    Tutto ciò che è detto è detto da un osservatore.
2.    L’osservatore prende in considerazione simultaneamente l’entità che considera e l’universo nel quale essa si trova
3.    È un attributo dell’osservatore essere capace di interagire indipendentemente con l’entità osservata e con le sue relazioni; per lui entrambe sono unità di interazione (entità)
5.    L’insieme di tutte le interazioni entro le quali una entità può entrare è il suo dominio


Il sistema vivente:

2.    I sistemi viventi come esistono oggi sulla terra sono caratterizzati da un metabolismo [esergonoco], crescita e replicazione [molecolare] interna, il tutto organizzato in un processo circolare causale chiuso che permette il cambiamento evolutivo nel modo in cui è mantenuta la circolarità, ma non la perdita della circolarità stessa. […] Inoltre, questa organizzazione circolare definisce in sistema vivente come una unità di interazioni ed è essenziale per il suo mantenimento come unità; quello che non è in essa è esterno o non esiste. L’organizzazione circolare nella quale i componenti che la specificano sono quelli la cui sintesi o il cui mantenimento essa assicura in modo tale che il prodotto del loro funzionamento è la stessa organizzazione funzionante che li produce, è l’organizzazione vivente. […]
7.    Ogni unità di interazioni può partecipare ad interazioni pertinenti ad un’altra, più ampia unità di interazioni.[…] così, un particolare sistema auto-referente può avere l’organizzazione circolare di un sistema vivente o partecipare funzuonalmente all’organizzazione circolare dei suoi componenti, o entrambe.

L’evoluzione:
1.    Il cambiamento evolutivo dei sistemi viventi è il risultato di quell’aspetto della loro organizzazione circolare che assicura il mantenimento della loro circolarità basilare, permettendo in ogni passo riproduttivo cambiamenti nel modo in cui questa circolarità è mantenuta. La riproduzione e l’evoluzione non sono l’organizzazione vivente, ma sono state essenziali per la trasformazione storica dei domini cognitivi dei sistemi viventi sulla terra.
2.    3. 4. 5.

Il prosesso cognitivo:
1.    Un sistema cognitivo è un sistema la cui organizzazione determina un dominio di interazioni nel quale esso può agire in modo pertinente al mantenimento di se stesso, ed il processo di cognizione è l’effettivo (induttivo) agire o comportarsi in questo dominio. I sistemi viventi sono sistemi cognitivi,e il vivere in quanto processo è un processo di cognizione.[questa dichiarazione è valida per tutti gli organismi, con o senza un sistema nervoso].

Da: H.D. Maturana H.R., F.J. Varela, 1985 - in:  Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente


« Conseguenze delle operazioni del sistema sono le operazioni del sistema. »




<< se si dovesse riassumere il requisito essenziale del samurai, bisognerebbe sostenere che esso risieda nella devozione totale, corpo e anima, al proprio daimio. In secondo luogo è necessario che egli coltivi l’intelligenza, la compassione e il coraggio. Il possesso di tutte e tre queste virtù può sembrare impossibile all’individuo comune, ma non è difficile. L’intelligenza non è niente di più che il saper ascoltare gli altri, e da ciò si ottiene una saggezza infinita. La compassione consiste nell’agire per il bene altrui, onorando il prossimo. Il coraggio è il saper stringere i denti.
Questo basta in ogni circostanza, tutto il resto è inutile. In terzo luogo, il samurai deve curare il suo aspetto, il suo modo di esprimersi, e perfezionarsi nella calligrafia. A questi compiti bisogna dedicare una pratica costante. Innanzitutto è necessario che il samurai avverta dentro di sé una forza tranquilla. Una volta portate a termine queste occupazioni, egli dovrà imparare la storia della sua terra e le sue tradizioni.
Tutto sommato, essere un samurai è semplice. Se guardate tutti coloro che attualmente sono di qualche utilità, vi accorgerete che uniscono queste tre virtù.>>
Da: “il libro segreto dei samurai” di Yamamoto Tsunemoto






Errare Umanum Est: un Sistema che va avanti per “errori e aggiustamenti”. Il Sistema vivente che ci rappresenta si evolve attraverso la pratica e si consolida attraverso la teoria: ecco perché abbiamo bisogno di agire attraverso tre fasi; la fase dell’ elaborazione, azione e sintesi; in uno schema circolare. Ma l’errore, in senzo lato, è sempre in agguato, e andrebbe affrontato un po’ come si affrunta una sconfitta: con la volontà di migliorarsi, di fare di punti di debolezza dei punti di forza. Quindi l’errore come “cartina di tornasole”: ed ecco qui come la nostra consapevolezza ci porta a ritrovarci, ogni volta, “impeccabili” perché i nostri errori si rivelerebbero necessari!
<< ...dunque chi sei? >>
<< sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente opera il bene >>
Goethe, “Faust”

<<La malattia mentale come ultimo stadio verso l’illuminazione>>: osava affermare un medico Tbetano buddista. Ma da molti ormai, anche in occidente, la malattia viene considerata come un “processo” (K.Jaspers: che nel campo delle malattie mentali, rifiutò l’indagine causale tipica delle scienze della natura, perché la malattia non è un oggetto naturale, ma un processo.). Dal canto suo K.Schneider ritiene che i segni della malattia mantale non possono essere considerati sintomi […] : pertanto i segni vanno considerati come significati che esprimono qualcosa, anche se questo qualcosa è fondamentalmente diverso dall’esperienza comune. […] la fenomenologia, con Binswanger, insiste sul tema (Woruber) in cui l’esistenza schizzofrenica si declina rendendosi comprensibile a partire da quel tema. Da questo punto di vista non c’è più la possibilità di parlare di “schizzofrenia” come di un’entità clinica, ma di esperienze schizzofreniche di volta in volta individuate dal loro tema che declina le condizioni trascendentali comuni ad ogni esistenza, come il tempo, lo spazio, il passato, il futuro, …, il vissuto corporeo, il dentro e il fuori, secondo modalità differenti dal mo(n)do comune di esperirle.
Binswanger e II PROBLEMA DELLA NORMA.
Con Binswanger si passa dalla semplice fe­nomenologia mìnkowskiana del tempo vis­suto, all'analisi dei momenti costitutivi della temporalità, della spazialità, della modalità di relazionarsi alle cose e agli uomini che, guardati fenomenologicamente, non rivela­no «carenze» o «eccessi», ma modi d'essere che, là dove l'uomo non è precodificato da quadri nosologici precostituiti, non si rivela­no come dis-funzioni, ma semplicemente come funzioni di una certa strutturazione della sua presenza, ossia di un certo modo di essere-nel-mondo e di progettare un mondo. Tutto ciò priva la distinzione psi­chiatrica tra «normale» e «anormale» del suo significato assiologico-ideale, perché si può rinunciare a privilegiare un mondo ri­spetto a un altro, il mondo del «sano» ri­spetto al mondo del «malato», e per distin­guere nel loro specifico costituirsi i «mondi» delle diverse forme di alienazione mentale sarà sufficiente, senza ricorrere ad alcuna visione del mondo precostitutivamente as­sunta a norma o modello, scoprire le incri­nature presenti nelle strutture trascenden­tali che presiedono la formazione di un mondo. Con Binswanger, e più in generale con la à fenomenologia, la psicopatologia ha raggiunto la sua autonomia disciplinare che legge l'alienazione come un processo le cui cause, se non possono essere spiegate col metodo delle scienze esatte, possono essere comprese se si accede alle forme trascenden­tali che presiedono la costruzione che ognu­no fa del proprio mondo.


[…] Nel naufragio della comunicazione, che nell’esperienza schizzofrenica caratterizza ogni incontro interpersonale, si esprime quell’atmosfera in-obiettivabile tra medico e paziente che, come descrive H.C.Rumke, è alla base della fondazione diagnostica della schizzofrenia. […] partendo da queste premesse, R.D.Laing osserva che se la schizzofrenia è proprio la <<scissione>> nell’uomo, la sua <<lontananza>> dagli altri, la sua <<estraneità>> dal mondo, come si può pensare di rapportarvisi applicando una disciplina i cui principi sono l’esatta riproduzione della scissione <<schizzofrenica>>? <<[…] termini come mente e corpo, psiche e soma, psicologico e fisiologico; o come personalità, l’io, l’organismo, sono delle astrazioni. Invece del legame originale di Io e Tu, si prende un singolo uomo isolato, e si concettualizzano i suoi vari aspetti: l’Io, il Super-io, l’Es. L’Altro diviene un oggetto, interno o esterno, oppure interno ed esterno insieme. Come è possibile parlare veramente di un rapporto fra me e te servendosi del concetto di interazione fra un apparato mentale ed un altro?>>, dove di nuovo si sottolinea l’impossibilità di comprendere l’esperienza schizzofrenica con i metodi oggettivanti con cui il sapere psicologico, sul modello delle scienze esatte, ha cercato di edificare se stesso.

E se la malattia rappresentasse proprio un processo di crescita dell’individuo, non disgiunto dall’ambiente di suo dominio? Cioè, se fosse stata proprio Madre Natura, attraverso una serie di tentativi ben mirati, a rendere organica una serie di problematiche teoriche sollevate dalla contemporaneità degli eventi e, specificata nella singola patologia, mentale e/o fisica che sia? Cioè la malattia come strumento organico di risoluzioni di probemi (vedi bugs del sistema operativo) nalla Matrice.

<< Uno degli aspetti più celebrati del recente progresso civile è il grandioso sviluppo della medicina. Eppure attendibili indizzi segnalano che, stranamente, cresce anche il potere della malattia sull’uomo. Essa paralizza la libertà, il timore di esserne raggiunti è oggi più che mai insistente, la cura della salute si fa ossessiva. Se da un lato, grazie alla medicina, cresce il potere tecnico sulla malattia, dall’altro diminuiscono le risorse morali per affrontarla. Si deva infatti riconoscere che la malattia pone anche, e non marginalmente, un compito morale. Per questo, oltre a liberare l’uomo dalla malattia, è necessario di fare di tale condizione un tempo in cui volere, e non in cui sospendere la vita in attesa che passi.
La tradizione cristiana considerava la malattia come tempo di “penitenza”: non solo nel senso di pena e di espiazione, ma soprattutto nel senso di un tempo che propone il rinnovato appello alla conversione, chiedendo di riconsiderare la propia vita con altri occhi. Queto aspetto della malattia oggi non è più riconosciuto. Si parla con insistenza di etica della medicina, non di morale della malattia. Il valore in questione è sempre e solo il sollievo dalla sofferenza. Chi vive quell’esperienza in forme gravi, vede svanire le evidenze ovvie che sostenevano la sua vita nel tempo “normale” della salute, ed è quindi coinvolto in una lotta per la speranza. Essa è vissuta oggi in modo solitario e implicito, viene rimossa dalla comunicazione reciproca, o perché è oggetto di tacita censura o perché non si dispone delle parole per esprimerla. Il saggio di Angelini denuncia i diversi modi nei quali si esercita tale censura, e consente al malato di sostenere la lotta per riappropiarsi della speranza restituendogli la parola.>>


 Avvalendosi di un ottica binoculare, il malato osserva ciò che è apparentemente sano con il suo sguardo corrosivo per poi considerare ciò che è malato con l’occhio rigenerato della “Grande Salute”, quella che non può fare a meno della malattia come mezzo e ramo di conoscenza”
Friedrich Nietzche

La schizzofrenia e il rapporto con il tempo. Possono essere, i sintomi di una patologia, portatori di potenziali qualità distintive? E come quindi in questo caso le debolezze si trasformano in forze?
Studi sul rapporto tra schizzofrenia e temporalità riportano:
1.    Incapacità di rapportarsi al futuro, e la sensazione che il futuro sia una ripetizione del passato.
2.    Difficoltà di ordinare gli eventi nel tempo, correlata a confusione interno-esterno (che si manifesta con allucinazioni auditive, la sensazione di essere influenzati da qualcuno, percezioni ingannevoli, ecc.) (*)
3.    Riduzione della prospettiva futura
4.    Difficoltà nel pianificare e iniziare azioni
5.    Problemi di organizzazione temporale
6.    Difficoltà nel fare esperienza del nesso logico
7.    Manifestare procedure temporanee di modalità di senso, che portano a una “temporanea diplopia” nella quale la consapevolezza appare non coincidere con se stessa.
Ora proviamo a vedere come in un’ottica di processo di guarigione, che specificheremo più avanti, i singoli punti vengano trasformati in specifiche funzioni di un nuovo sistema vivente:
1.    Una persona sana, cioè giunta all’ultimo stadio del suo processo di guarigione, dovrebbe essere in grado di vivere solo nell’istante, senza ne passato ne futuro: con la mente sgombra. Illuminato, in uno stato di Nirvana…
2.    Una delle tecniche conosciute da millenni dall’uomo per riuscire a governare l’influenza che gli eventi passati hanno su di lui è quella della ricapitolazione, che ho già descritto: in poche parole giorno per giorno si ripercorre il proprio passato alla luce delle nuve esperienze che il presente gli propone; dove emerge l’abilità di riordinare di volta in volta gli eventi nel tempo: dando quindi sempre più potere al tempo presente…
3.    Questo comporta un rapporto con il futuro diverso dalla norma: il futuro si fa immanente
4.    Pianificare e itraprendere nuove azioni al difuori del processo di guarigione per ogni malato risulterebbe inutile e nocivo
5.    Arrivati a certi livelli di consapevolezza causa ed effetto possono essere scambati di successione: è possibile che l’effetto si manifesti anche prima della causa. Ma solo a certi livelli di consapevolezza.
6.    Nasce dall’esigenza di accettare l’esistenza del paradosso…
7.    Non si tratta che, come nei precedenti punti, della volontà di venirne fuori con i propi deboli mezzi a disposizione…
Quindi l’intero corpo di uno schizzofrenico è “predisposto per avventurarsi verso il proprio processo di guarigione” conquistandosi di volta in volta gli strumenti adeguati per andare avanti.



(*) vedi la Mega Coscienza che è in grado di operare sia al tuo interno che al tuo esterno: Madre Natura.

Il rapporto con il tempo è subordinato a quello con lo spazio: H.Maturana e F. Varela nel loro scritto sopra citato sottoloneano qualche cosa di importante: << L’osservatore è un sistema vivente ed una comprensione della cognizione come fenomeno biologico deve rendere conto dell’osservatore e del suo ruolo in essa >>. Questo vuol dire che ancor prima di fare i conti con la circolarità del tempo, l’individuo deve conoscere se stesso, i sui limiti e la sua posizione di partenza in quel dato momento: deve sapere chi è per sapere dove andare. Quale è la mia funzione? Cosa stà cambiando mentre mi faccio tutte queste domande?
Senso e Funzione. << nella nuova costellazione civile la scienza diventa il referente ovvio della vita comune, per tutto ciò che si riferisce al sapere; essa soppianta la tradizione condivisa. Il sapere della scienza sospende i significati del vivere; esso è immediatamente ed esclusivamente volto a dare risposta alla domanda: <<come si fa?>>. Ignora invece la più antica domanda: <<che cosa vuol dire?>>.
Da “la malattia, un tempo per volere” di G. Angelini

Attraversare il guado ed esporsi a tutte le sue insidie, è il viaggio che ogniuno di noi dovrà prima o poi intraprendere per staccarsi dalle affettività e i legami dell’infanzia e raggiungere l’agoniata maturità: dare un senso alla propria vita! E rispondere finalmente a quella domanda: <<ecco cosa sono venuto al mondo a fare! Ecco quale è la mia funzione nella vita!>>.


Vox Populi Vox Dei. Nell’attraversare questo guado, la nostra mente come il nostro corpo, vanno incontro ad enormi difficoltà: come potrebbero essere le allucinazioni sonore, ma: che differenza fa che avvenga da dentro o da fuori? Esitono tre tipi di coscienza …e l’illusione del libero arbitrio (ex post). È facile dimostrare che le allucinazioni sonore facciano parte del processo di crescita/cambiamento evolutivo posto in essere sull’individuo +/-  consensiente da parte di Madre Natura. Queste obbligano la coscienza del soggetto all’osservazione attenta, “spietata” in quanto il bombardamento potrebbe essere addirittura continuo, incessante: fino a quando, attraverso questo sofisticatissimo processo biologico fatto di allucinazioni visuali e sonore , interne ed esterne, non farà giungere l’osservatore alla conclusione che esistono tre tipi di coscienza: una coscienza soggettiva, una coscienza oggettuale e una Mega Coscienza, e che noi ne saremo <<concepiti a sua immagine e somiglianza>>, che le comprende entrambe: sia dall’esterno che, soprattutto dall ‘interno …e il gioco continua!



Come abbiamo spiegato sopra, l'esperienza realizzativa abilita l'individuo a “percepire” in due modi contemporaneamente: tutto concentrato sul nucleo-Sé, e allo stesso tempo con vigilante attenzione rivolta verso il mondo fenomenico esterno ed interno. È simile alla capacità di una persona di camminare attraverso molte stanze sfarzosamente adornate di un palazzo, portando in mano un bicchiere pieno d'olio fino all'orlo, senza mai versarne una goccia sul prezioso pavimento ma, allo stesso tempo osservando nei minimi particolari il contenuto di ogni stanza.
Tale stato non isola l'individuo dal suo prossimo. L'universalità del Sè si manifesta quando si va incontro al prossimo nella consapevolezza compassionevole dei suoi bisogni e delle sue necessità. Il realizzato è un punto di riferimento responsabile per tutto quello che lo circonda:
Dalla tua armonia interiore dipende l'armonia del mondo esterno.
Se tu realizzi la pura bellezza interiore, la materia intorno a te sarà del pari trasmutata in Bellezza. Dalla perfezione del tuo cuore dipende la perfezione del tuo ambiente.

Raphael 
La Mente e la consapevolezza dei limiti Spaziali. La nicchia:<<I sistemi viventi sono unità di interazioni; essi esistono in un “ambiente strettamente congiunto”. Da un punto di vista puramente biologico non possono essere capiti indipendentemente da quella parte dell’ambiente (strettamente congiunto) con la quale interagiscono: la nicchia; la nicchia non può essere definita indipendentemente dal sistema vivente che la specifica >>.



Il Potere della Mente: e la coscienza dei limiti spaziali. Non è solo attraverzo l’esperienza schizzofrenica che si giunge a determinate conclusioni circa le possibilità che la mente umana ci offre: basta, per esempio, un connubio non ortodosso come quello tra la logica e la fede (alle propie idee) a farci scalare montagne impossibili sino aqualche tempo fa.



Che rapporto c’è tra immaginazione e scienza? O tra immaginazione e tecnologia? Un intero universo? La trasmissine della idee nell’epoca delle Tlc avviene ovunque: sia all’intero che all’esterno del tuo …computer! Allora avevano ragione gli schizzofrenici? Ci stavano forse avvisando dei cambiamenti in corso d’opera?

Cosa si possono trasmettere due “campi” (vedi: nicchie) non comunicanti?
I loro rispettivi metodi: il mo(n)do. Quindi in un’era globale dove vige la legge non scritta del: <<think globally, act locally!>> dove alla frase: <<video killed the radio stars>> si è sostituita la frase: <<reality killed the video stars>>; video e audio oggi si mettono insieme per cercare di battere l’individuo sul campo la realtà, e a chi non chiedere aiuto, se non allo schizzofrenico?!









[...] Il sentiero della maturazione psicologica e spirituale è pieno di difficoltà di imprevisti. I maestri esortano a lottare anche quando la situazione sembra senza sbocco. Si racconta la storia di due rane che, un bel mattino, saltellando qua e là finiscono dentro un recipiente pieno di latte. Dopo ore ed ore di inutile annaspare per uscire, una si arrende e affoga. L'altra non molla e continua la sua battaglia di vita e di morte. E proprio quando, per l'immensa fatica non c'è la fa più a resistere, trova terra ferma sotto ai piedi perché, per il continuo agitarsi, il latte nel frattempo era diventato burro e la rana salta fuori verso la libertà.





Il Teatro come terapia. <<L’approccio sistemico. Partendo dalla persuasione che tutto è comunicazione, anche l’apparente non-comunicazione, G. Bateson ha ipotizzato che la schizzofrenia nasca da una forma patologica di comunicazione interpersonale caratterizzata da segnali incongrui e contraddittori che pongono il destinatario in quella condizione di profondo dilemma che Bateson ha chiamato doppio legame (double blind) [es. not yet!].
Non consentendo di cogliere la vera intenzione di un messaggio in un rapporto che un individuo sente di importanza vitale, si può generare la convinzione che tutta la realtà sia paradossale e quindi innescare un comportamento conseguente a questa paradossalità. […] Se la schizzofrenia non è da leggersi come un’entità clinica, ma come una forma d’esperienza umana, anche il metodo non dovrà essere quello dell’osservazione, tipico delle scienze della natura, ma, come scrive E. Minkowski, quello della penetrazione o, come vuole la letteratura psicologica tedesca, l’Einfuhlung o empatia, dove strumento conoscitivo è la funzione cognitiva del sentimento che permette di entrare nell’esperienza schizzofrenica prima di ogni disgregazione in “parti” o “sintomi” che consegnano un’immagine artificiale eastratta della schizzofrenia. Nella <<diagnosi attraverso il sentimento>> è in gioco quel tratto universale dell’umano che è la partecipazione comunicativa rintracciabile alla base della intersoggettività>>.

È quindi rendere sostenibile la mancanza di senso, attraverso un’indagine profonda nel paradosso, una strada percorribile dallo psicotico per ritrovare la propia integrita psico-fisica: il palcoscenico potrebbe essere l’obbiettivo sul quale lavorare ogli volta. Ma come il teatro possono anche la danza o la musica.


























"è caratteristica di una situazione di crisi la prolifecazione di varianti teoriche (spesso sempre più complicate) che cercano di salvare il vecchio paradigma : esso viene abbandonato da una parte significativa dei ricercatori solo quando emerge un paradigma alternativo. L'adozione di un nuovo paradigma istituisce una nuova comunità scientifica, che non comunica con quella vecchia e i cui prodotti teorici sono incommensurabili coi precedenti, perche sono espressi in un linguaggio diverso, sì sottomettono a criteri di convalida diversi, e in generale parlano dì un altro mondo rispetto a quello riconosciuto dal vecchio paradigma" (vedi: <<salto quantico>>)
ThomasS. Kuhn : la struttura delle rivoluzioni scientifiche


Non possiamo smantellare un sistema senza averne un altro al suo posto”
Mahatma Gandhi (Sharp 1973)
























































<< secondo una leggenda talmudica,
quando un bambino nasce
possiede
la conoscienza di tutte le vite precedenti

un angelo appare
e lo istruisce a mantenere questo segreto.
Pone il dito sulle labbra del
bambino che
dimentica tutto.

Una traccia del gesto dell'angelo rimane:
è il piccolo solco
tra le labbra e il naso.

Soltanto a questo punto
il bambino
può emettere il suo primo grido.>>






 <<[Questi sono esempi di] una legge generale dello sviluppo embrionale e fetale elaborata per la prima volta da Gavin De Baer nel secolo scorso. Questa legge afferma che lo sviluppo embrionale del individuo ricapitola la storia evolutiva della specie. Il sacco vitellino, la branchie, la coda e i reni primitivi sono retaggi dei nostri antenati che ci hanno preceduto nel evoluzione>>.

Da Peter W.Nathanielsz, in “Un tempo per nascere: nuove conoscenze sulla vita prenatale”